Se frequentate regolarmente i palazzetti sapete benissimo di cosa, anzi, di CHI stiamo parlando. I "personaggi da palazzo" non hanno vere e proprie origine geografiche, sono liberi cittadini delle curve e delle tribune. Potete incontrarli in qualsiasi palazzetto dove rimbalzi una palla a spicchi. I tratti sono gli stessi dappertutto, così come le manie, le abitudini, il modo di fare e di vestire. Ognuno tifoso a modo suo, divertitevi con questa carrellata di personaggi assolutamente autentici. Dopo averla letta, guardatevi intorno la prossima volta che andate a vedere la partita ma fate attenzione...potete rischiare di scoppiare a ridere loro in faccia![foto: i tifosi di SpaceJam]
L'impaziente
L'impaziente ha passato abbondantemente i settant'anni e si presenta a palazzo, a prescindere dalla condizione atmosferica, con un giubbotto leggero a rombi. Gli impazienti si aggregano solitamente in gruppi di tre o quattro, ma pare abbiano costituzionalmente riconosciuto un diritto ad occupare il doppio dei posti, tanto che alla domanda: è libero? rispondono con primordiali grugniti che suggeriscono di girare al largo. Ha il suo bersaglio preferito nel lungo meno cattivo e più avvezzo alla pennellata naif che all'asportazione della carotide avversaria. Individuata la preda l'impaziente, al primo errore della sua vittima designata, da ragione al suo nome puntandola dritto per dritto come il Ronaldo dei giorni belli, suggerendo all'allenatore mosse improbabili del tipo: mett dent' Squarcìna al post de quèla bestia...
La MILF tettona
La MILF tettona è sempre bionda. Sempre. I ricercatori dell'Università di Pittsburgh oltre a cercare di scoprire se Levance Fields è più assimilabile al genere umano o a quello divino stanno indagando se la fulva criniera sia causa o effetto dell'esuberanza mammaria. Anche lei ovviamente ha la sua divisa da gara che consiste in una maglia sbracciata di color nero che tuttavia non mette a freno la prorompenza che solitamente scarrella in giro con finto pudore. Il suo quarto d'ora di celebrità coincide con lo scoccare della sirena del secondo quarto, quando non si sa come e non si sa perchè (o forse sì), riesce ad arrivare sul parquet campo, dove dialoga con personaggi più o meno di spicco. Finito il suo compito, rimanendo sbracciata, indossa una sciarpa che va a coprire l'ipertrofismo polmonare, tra gli ululati di disapprovazione di giovani e meno giovani.
Il tennico da palazzo
Il tennico da palazzo (rigorosamente con doppia enne) si distingue in due categorie: quello ventenne e quello quarantenne. Il primo, denotando l'inesperienza tipica della sua età, riesce a dare il meglio solo per cinque-dieci minuti che corrispondono sempre a quelli in cui l'allenatore avversario decide di schierare la zona. Il ventenne, forte dei suoi sei mesi di minibasket, sa come attaccarla e cerca di spiegarlo al suo discepolo in panchina. La palla può girare come in un flipper o stare sempre su un lato, che il ventenne continuerà imperterrito a sbraitare: la palla contro la zona va dentro e fuori, fuori e dentro, dando di gomito al vicino con lo sguardo tipico di uno che ne sa.
Il quarantenne invece, consapevole che le partite si vincono in difesa, inveisce per quaranta minuti filati contro l'allenatore sostenendo, anche qui a prescindere, che difendendo così non si vince neanche contro la formazione del suo paesello. Il problema è che per strutturare la sua difesa bisognerebbe giocare come minimo in sette, perchè lui vuole che tutti collassino verso il centro, ma anche sui tiratori, che il lungo esca fino a metacampo, ma anche che intimidisca in mezzo all'area, che cambi sul p'n'r ma anche che giochi help and recover. Il tennico da palazzo quarantenne vota Veltroni.
Il vecchio
Il vecchio, dopo una settimana passata a rompere i maroni agli operai che, sventura loro, lavorano sul suolo pubblico (ai me temp se fasevùm insce, ul de dòpu ce lasavèn a ca), arriva a palazzo. Cambiano i luoghi ma non la mission: rompere i maroni, ricordando quello che succedeva ai suoi tempi. Ovviamente essendo il play l'elemento di maggior cesura tra il Cretaceo e l'Era Contemporanea, ecco che i neuroni sopravvissuti si concentrano tutti su di lui. Il suo play ideale, non ci sono cazzi che tengano, è bianco, fisicamente impresentabile, ancora meglio se zoppo, perfetto se stampellato. Non deve tirare mai, men che meno penetrare e soprattutto deve andare ai 3kmh. Quando il play moderno, un tronco d'ebano di 180 per 90 kg di muscoli guizzanti, spacca in due la difesa arrivando al ferro, schiumano, attendendo con ansia il momento in cui il suddetto tronco provi un penetra e scarica con la prima fila del parterre.
Il veterocomunista
Il veterocomunista lo si riconosce subito: barba canuta con immancabile sfumatura subnasale testa di moro derivante da Stop senza filtro, giacca in velluto dai colori sgargianti (marrone da evacuazione ai lati di una strada di campagna, verde da foppata dopo trenette al pesto avariate, ecc...) e occhiali con montatura da due chili. Il veterocomunista custodisce un segreto che neanche Roberto Giacobbo è ancora riuscito a svelare: da anni assiste a tutte le partite comprando però sempre il biglietto, che già sarebbe strano per una persona normale, ma per uno che dovrebbe fare della pianificazione il suo stile di vita è quantomeno imbarazzante. Il veterocomunista è più nichilista di Sid Vicious, allo 0-2 lui prefigura scenari tetri, roba che se non cade il palazzo si è già fortunati. A suo merito va detto che si contraddistingue dal resto della tribuna perchè lui non insulta mai nessuno, tantomeno gli arbitri a cui al massimo dedica sonetti del tipo: protagonisti in malafede.
Il padre con prole
Una mamma sa tutto di suo figlio: chi sono i suoi amici, quali sono le lezioni giornaliere, qual è il suo cartone animato preferito, cosa gli piacerebbe fare da grande, ecc...un padre è a conoscenza giusto del fatto che un nanetto da qualche tempo gira per casa, impedendogli di vedere FX. Succede però che il nanetto, raggiunti gli otto anni, ponga la ferale richiesta: Papi, mi porti a vedere la partita? Solitamente questa domanda nei padri più avveduti porta all'impiccagione, ma come si sa, l'essere umano di sesso maschile rimane eternamente bambino e per cui agisce senza pensare alle conseguenze, sbuffando un poco convinto assenso. La madre, terminato il sontuoso pranzo domenicale, inizia con gli ammonimenti a non commettere atti che possano turbare l'equilibrio psicofisico del pupo. Il padre, poco conscio di aver sposato una moderna Lisistrata, annuisce, dimenticandosi che tra il dire e il fare ci son però di mezzo tre fischietti. Il padre somatizza per tre quarti, digrignando la mascella, consumandosi i molari ed esibendo sorrisi di circostanza al figliolo fino a che, nel corso del quarto quarto, all'ennesima espirazione sonora da parte dei grigiastri esplode come una Supernova, con una giugulare che, come portata, non avrebbe nulla da invidiare alla foce del Rio delle Amazzoni, urlando improperi ed insulti alle divinità da far arrossire uno scaricatore di porto livornese. Il bambino ovviamente racconterà tutto alla mamma che farà riscoprire al padre le gioie e i dispiaceri dell'autoerotismo.
The fire bug






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