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The Finals, Game 3: Orlando Magic - Los Angeles Lakers 108 - 104

Troppo facile non doveva esserlo e, fortunatamente per tutti i tifosi NBA, non lo sarà. Ed è curioso che proprio l’uomo che più desideri questo anello e l’ennesimo traguardo per zittire i malpensanti, Kobe Bryant, finisca per girare a vuoto nei momenti decisivi di quella che, in caso di vittoria, avrebbe costituito una serissima ipoteca sul titolo 2009. Di contro, la partita quasi perfetta di un gruppo di atleti che sono stati in grado di sfiorare il colpaccio in gara 2 pur non sembrando ancora in possesso della propria identità. Stanotte, tutte le tessere del mosaico Magic sono andate al proprio posto, ottenedo un duplice traguardo per il presente: serie riaperta e una nuova pagina scritta nella storia della franchigia (quella di stanotte è la prima vittoria in assoluto in una NBA Final per Orlando); infine, per il futuro, hanno finalmente ritrovato il proprio gioco, quello fluido e armonico, fatto di circolazione di palla dentro fuori, di canestri in transizione e di tanto Howard. Meglio di così non poteva essere perchè quando tutti gli ingredienti sono di qualità, il piatto è certamente una delizia e il 2 - 1 è il risultato di una partita di pallacanestro da leccarsi i baffi.
In una Amway Arena sold – out, l’energia dei supporters di Orlando trascina i propri beniamini nella definizione dei ritmi di gioco, elevatissimi sin da subito, e nell'imposizione di una difesa fisica e asfissiante della quale il solo Gasol sembra capirci qualcosa; la vera differenza, nel primo quarto, la fa Alston, il grande assente di questa serie. Il ragazzo di NY City gestisce i ritmi in maniera magistrale, detta passaggi e si prende le proprie responsabilità attaccando il ferro quando necessario. Dall’altro lato, Bryant sembra voler replicare la stratosferica gara 1 costituendo per lunghi tratti, causa il doppio fallo di Gasol dopo pochi minuti di gioco, l’unica ancora di salvataggio del gioco losangelino. I Magic non s’abbattono, continuano a muovere il pallone, a correre in transizione per servire Howard il più possibile vicino a canestro (il che, solitamente, si traduce in falli per i marcatori avversari o canestri diretti) e, pian pianino, iniziano a trovare anche quei canestri da 3 (soprattutto nelle mani di Lewis) che hanno costituito il vero spartiacque tra una squadra mediocre e una squadra da titolo. Da quanto scritto, si potrebbe immaginare una gara chiusa già nei primi due quarti invece, nonostante il 19/25 dal campo del II quarto, i Magic sono sotto di 1 ed il principale responsabile è sempre lui: the Black Mamba (17 punti nel solo I quarto con ciliegina della torta una giocata da 3+1 che fa impazzire la panchina dei Lakers). Più passano i minuti, maggiori sono gli sprazzi di umanità che avvolgono l’aura di Bryant che, nei momenti finali del secondo quarto, gestisce malamente un paio di possessi lasciando che i Magic riescano, chirurgicamente, a rosicchiare qualche punto di distacco per il 54 – 59 di chiusura del primo tempo.
Il primo distacco degno di nota si registra nel III quarto, i Magic entrano sul terreno di gioco con il doppio dell’energia sfoderata nel I quarto e iniziano a trovare nel pick’n’roll (a due o a tre) la chiave di volta di tutta la gara. Jackson prova a ruotare gli uomini in tutti i modi possibili, ma nessuna combinazione sembra dare risposte soddisfacenti con Ariza e Fisher i principali indiziati, sistematicamente fermati dai blocchi di Howard e Lewis e regolarmente in affanno sui propri diretti avversari, Turkoglu e Alston. Quest’ultimo, poi, delizia la platea della Florida con giocate che, a vederle tutte le volte, avrebbero di certo costretto Van Gundy a rallentare i tempi di recupero di Nelson. Buon per i Lakers che la difesa dei Magic incontra le stesse difficoltà nella difesa dei loro pick’n’roll e, quando il distacco del III quarto pro Magic (arrivato perfino a +9 grazie ad alcune magistrali difese del rookie Lee su Bryant) viene ridotto ad una insperata parità grazie ad un Ariza più volenteroso in attacco che in difesa, il fatto che i Lakers siano ancora in gara con Bryant in panchina sembra un inquietante segnale premonitore di quanto accadrà di lì a poco. L’ultima frazione di gioco, per quanto visto in campo, si apre quindi con tutti i presupposti favorevoli per i Lakers che, nonostante un gioco mediocre, riescono a rimanere appaiati agli avversari. Detto, fatto. I Magic – con un preciso Howard dalla lunetta – riescono a ricostruire un nuovo vantaggio che Van Gundy, dimenticandosi su quale panchina si trova seduto, decide di non custodire, lanciando nella mischia dei primi minuti del quarto quarto la coppia Lewis – Gortat al posto del solidissimo duo Battie – Howard. L’esito è una quantità di “passion” ed energia dimezzata grazie alla quale Odom riesce a collegarsi alla gara e a trascinare i suoi al pareggio - complici anche un paio di minuti difensivi da panico per Orlando (insoliti gli spazi concessi da Turkoglu a Bryant ed Ariza). Buon per “Superman” che dall’altro lato del campo le percentuali di tiro non vengono scalfite e le ali di Orlando (Pietrus e Turkoglu) proseguono la propria storia d’amore con il canestro avversario quanto basta per avviarsi verso l’ultimo minuto di gioco sopra di 2 lunghezze. Dopodichè, il pastrocchio di Kobe. Prima sparacchia da 3 con tutto il cronometro dei 24 secondi a disposizione – ma i Magic non sfruttano - poi sbaglia dei liberi chiave (5/10 per lui, li tirerà peggio di Howard!) – Orlando a +3 - ed infine spreca malamente il possesso dell’ipotetico pareggio facendosi rubare il pallone in palleggio da Howard. I Magic, di lì in poi, non concederanno più errori o possibilità di recupero (Celtics docet?) e, alla fine, nonostante la mostruosa prestazione nella selezione di tiro da parte della truppa di Van Gundy, la sensazione è che siano stati i Lakers a perderla, con un Bryant tutto delizia nel primo tempo e decisamente croce nei minuti finali.

Pagelle

Orlando Magic

Rafer Alston 8: 20 punti, 4 assist, ma soprattutto la PG mancante delle prime due gare. Tocca riconfermarsi.
Courtney Lee 7: meriterebbe 8 per l'energia e le buone cose fatte su un Bryant nervoso, ma dovrebbe essere un 6 perchè l'energia senza intelligenza porta più danni che altro. Si guadagna la via di mezzo, ma .. E' un rookie, non dimentichiamolo.
Hedo Turkoglu 6: bravo a fare il suo nel quarto quarto, ma decisamente lontano dal difensore duro visto nel finale di gara 2. Bisogna difendere, altrimenti quel che fai "di là" serve a poco.
Rashard Lewis 7: giocatore dal quoziente intellettivo cestistico elevatissimo oltre che chirurgico. Ormai è dentro la serie e la sua ecletticità darà parecchio fastidio. Male in difesa su Gasol, ma non è il giocatore migliore da marcare per caratteristiche fisiche.
Dwight Howard 7: prestazione perfetta per quello che può dare. Non strafà, non accumula falli inutili, pulisce tutto ciò che passa sotto il proprio tabellone, cerca di andare a canestro quando può e partecipa alla circolazione di palla. Non è ancora un leader: se lo capisce, è fatta.
Mickael Pietrus 6,5: in difesa il suo prova pure a farlo, ma il Bryant del I quarto è di un'altra categoria. Buon per lui che ritrova qualche canestro nel finale e quel rimbalzo offensivo su Gasol merita mezzo punto in più.
Jameer Nelson 5,5: è incredibile quanto un giocatore riesca a dare sul campo nonostante i tanti mesi di assenza. Finchè fa l'Alston della situazione, tutto ok, quando prova a fare il Nelson, dato che la forma è quella che è, meglio farlo sedere.
J. J. Redick sv
Marcin Gortat 5: in difesa non tiene come nelle due gare precedenti, fatica a prendere rimbalzi e subisce una stoppata da Odom quando decide di appoggiare alla tabella anzichè schiacciare. Il sogno è finito?
Tony Battie 6,5: decisamente l'arma mancante dei Magic dalla panchina, fino ad oggi. Nei minuti in cui rimane in campo cementa con Howard una presenza nell'area pitturata che manda fuori giri Odom e Bynum. In attacco, si prende i "suoi" tiri dai 6 metri e, quando li realizza, sono cavoli amari per tutti.

Los Angeles Lakers

Derek Fisher 5: in gara 2 l'aveva salvato la buona prestazione al tiro, qui sbaglia alcune triple troppo importanti. In difesa s'affanna appresso ad Alston, che proprio un virgulto non è. Non trova mai il ritmo giusto e se tutti in squadra lo chiamano "the old man", un motivo ci sarà. Jackson non può continuare a far finta di nulla.
Kobe Bryant 6,5: mette dentro 31 punti, smazza 8 assist, ma alla fine gli errori più grossolani li fa lui. Non difende su Lee e su Pietrus, lento nel ruotare la marcature su Howard, quando Gasol esce, si fa innervosire dalla marcatura di un rookie e legge male, per ben tre volte di fila, la gestione degli ultimi possessi. Non si valuta un atleta qualsiasi, ma il miglior giocatore in campo e, per quanto visto, il 6 ci sta tutto. Il mezzo punto in più lo guadagna solo per il dominio del primo tempo, ma mai come questa volta le statistiche sono bugiarde.
Trevor Ariza 5: va e viene. Quando va (per la gran parte della gara), Turkoglu quasi non ci crede. Quando viene, i Magic tremano.
Pau Gasol 7: nel primo tempo gioca con una solidità e una continuità imbarazzante, l'asse con Bryant tiene su l'intera squadra nei momenti di maggior lucidità dei Magic. Nel secondo tempo, il gioco passa per altre mani, ma quando torna nelle sue è quasi sempre oro. Decisamente, il migliore in campo dei Lakers, per quantità e qualità.
Andrew Bynum 3: un passo indietro, nel continuo limbo del:"ora si sveglia", ma invece no. On the road, poi, diventa quasi nullo.
Lamar Odom 5,5: sì, per carità, quando alza la testa e inizia a giocare diventa immarcabile. Ma stanotte la lampadina era spenta e qualche lieve brillio in difesa e in attacco non è la sufficienza che s'attende da Lamar. Tocca ritrovare il ritmo, altrimenti diventa ardua.
Luke Walton 4: quando tutti i possessi passano per le sue mani ed è lui a gestire la circolazione della 2nd unit, diventa un piacevole rischio. Quando quel che fa lui lo inizia a fare Bryant, torna ad essere il "solito" Walton.
Farmar 5,5: il suo lo fa, arginando Nelson e facendo faticare Alston. Il problema è che in attacco gioca come una guardia e, finchè bloccherà la circolazione di palla, non rimarrà mai in campo più di tanto.
Vujacic, Brown: sv

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