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Los Angeles Lakers - Oklahoma City Thunder 4 - 2


Tutto si può dire, di questi playoff, tranne che i Los Angeles Lakers non abbiano avuto fortuna al primo turno scontrandosi con la matricola Oklahoma City Thunder. Per carità, nessuno mette in dubbio la superiorità delle squadre di ovest rispetto a quelle ad est (un esempio? Con il bilancio vinte-perse dell’ottava ad Est, a malapena arrivavi al 10imo posto ad Ovest. Non basta? I Cavaliers, primi nella eastern conference, affrontano i Bulls; i Magic, secondi, affrontano i Bobcast; infine, gli Hawks, terzi, affrontano i Bucks. Insomma, ad Ovest si fa sul serio. Ma rifletta su questo: allo stesso punteggio dei Thunder (50 – 32), i Lakers avrebbero potuto incontrare gli Spurs (vecchi, certo, ma volponi da playoff – chiedere in casa Dallas per conferma), forse qualche punticino a favore verso la teoria del sottoscritto lo possiamo segnare. Aggiungiamoci che è la prima esperienza da playoff della franchigia (per i più disattenti, gli ex Seattle SuperSonics sono stati trasferiti nell’estate del 2008 ad Oklahoma) e della sua stellina Kevin Durant (il miglior marcatore della regular season appena conclusasi con oltre 30 punti di media a partita). Prima esperienza uguale inesperienza. Ancora non siete convinti? Bene. Allora provate a riflettere sulla struttura del roster dei Thunder: squadra veloce, giovane, scattante, leggera. E ora date un’occhiata all’assetto dei Lakers: Fisher (che proprio leggerino non è), Bryant, Artest (grosso, grossissimo), Gasol e Bynum. Giganti, cui si aggiunge il non certo mingherlino Odom. Insomma, ammettiamolo: l’accoppiamento è decisamente dei migliori.
Con queste premesse, signori miei, il 4 – 0 sarebbe d’obbligo, no? E non lo penso solo io (tifoso dei gialloviola), badate bene, lo si vocifera anche negli ambienti di BasketConnection.

Con queste premesse, appare quindi superfluo sottolineare che, in fin dei conti, una Gara 1 dominata da Bynum, Gasol e Odom (oltre 40 punti in tre per un gioco tipicamente interno, su un totale di 87 segnati dai Lakers) non stupirebbe neanche un bambino. Quel che stupisce, invece, è che il grilletto armato di Durant viene fortemente limitato dal lavoro difensivo di Artest, vero e proprio mastino col solo obiettivo di mordere le caviglie della giovane ala dei Thunder (il povero Kevin tirerà con un misero 7/24, non propriamente l’esordio migliore che potesse aspettarsi nei playoff); altra news: alla fin fine, la vera ed unica spina nel fianco per i Lakers è Russel Westbrook, rapida ed atletica point guard dei Thunder, in grado di fare impazzire Fisher, Brown e Farmar. Archiviata Gara 1, apparentemente ininfluente nella serie per scarsa reattività dell’avversario, i Thunder riacquistano un po’ di fiducia in Gara 2, nonostante l’inizio disastroso. I temi di gioco sono chiari: pick’n’roll alti (a volte nei pressi della linea da 3 punti) con Westbrook a fare dribbling ubriacanti e chiudere a canestro o – mal che vada – a caricare di falli i lunghi avversari. Durant fa sudare Artest e tira quasi esclusivamente in uscita dai blocchi; la linea difensiva studiata da Scott Brooks (tecnico di Oklahoma) è molto schiacciata, per evitare ricezioni in post – basso di Bynum e Gasol. I Lakers, dal canto loro, continuano a cercare le proprie torri e il peso dei muscolacci sotto le plance. Bene, il game plan di coach Brooks sovrasta quello di Phil Jackson (coach di Los Angeles) e procede alla perfezione grazie anche alla tanta, tanta energia dalla difesa da parte del rookie Ibaka (prospetto interessantissimo) e con un Jeff Green attivo al di qua del campo, dato che al di là il canestro pare stretto stretto quanto una buca di biliardo (percentuali al tiro agghiaccianti). Insomma, per farla breve: Oklahoma gestisce alla perfezione la difesa in area e negli aiuti difensivi collezionando ben 17 stoppate. Immaginate la scena d'attacco dei Lakers: tiro dalla media, ferro, rimbalzo offensivo, stoppata difensiva, contro rimbalzo offensivo, contro stoppata difensiva, contro contro rimbalzo, contro contro stoppata, contro contr… OK, basta. Avete inteso. Alla fine della fiera però, il fenomeno "ce l'abbiamo solo noi" e succede che il sigillo alla gara lo mette sempre lui, Kobe Bryant, con i Thunder, assieme al loro pizzico di ingenuità (bruciano 2 possessi chiave per l’allungo a 1 minuto dal termine del match), a capitolare per la seconda volta di fila.

Si vola ad Oklahoma per Gara 3, per il riscatto dei Thunder; peccato che Durant e compagni non comprendano bene il concetto di 4 quarti che è il seguente: la partita si gioca su 4 quarti, non su 2. Succede, quindi, che l’avvio di Gara 3 è tutto per i Lakers che arrivano pure a più 14, salvo poi lasciarsi schiaffeggiare ripetutamente per tutto il terzo e il quarto quarto. Vittoria di rimonta per i Thunder, trascinati dal pubblico assordante del Ford Center. Ottimo l’impatto dalla panchina di Harden, rookie barbuto particolarmente intrigante per il futuro, da impiegare come guardia da affiancare a Westbrook. E poi? E poi tanta, tanta corsa a coprire in transizione sulle ripartenze dei Lakers e a segnare punti facili sui ribaltamenti di fronte. 2 – 1 e avanti popolo. Si dirà: bè, ora i Lakers faranno sul serio. E invece no, i Lakers si fanno prendere in giro un'altra volta. In Gara 4, infatti, perdono rovinosamente beccandosi 20 punti di scarto e racimolando una delle peggiori performance di Bryant (12 punti con 10 tiri). E non stupisca il fatto che lo slancio migliore i Thunder lo acquistino con Harden e Maynor (due panchinari) in campo. L’energia delle giovanissime riserve (giovani è già stato utilizzato per definire i 5 starters, scusate) di Oklahoma travolge l’incerta panchina dei Lakers che, Odom a parte, brancola nel buio da tutta la serie (non ingannino i punticini messi a referto da Brown). Su un inaspettato 2 – 2 (ricordate la teoria iniziale?), si torna allo Staples Center con i Thunder galvanizzati e Los Angeles che attende una risposta esemplare, di orgoglio.
Eccola! Gara 5 si apre con alcuni aggiustamenti di Jackson: Bryant difende su Westbrook, Artest attacca Durant facendolo lavorare anche in difesa e maggiore aggressività dalla panchina. Risultato? Gara difensivamente perfetta (nel primo tempo) e con un ritorno alle origini per i gialloviola: palla in area e schiacciare! I 20 punti di scarto subiti sono stati riscattati, si torna a casa dei Thunder per Gara 6 e si aspetta la reazione rabbiosa dei giovani virgulti. Ahi loro, però, Bryant e soci sono di tutt’altro parere. Qui, infatti, si chiude la serie sancendo l’eliminazione di Westbrook e compagni. I Lakers giocano con la determinazione di chi ha deciso che il giochino s’è rotto ed è il momento di dire basta; i Thunder giocano con la passione di chi ci crede veramente ed è convinto che “no, questa volta se si torna lì si fa sul serio”. Ne viene fuori la migliore partita della serie, equilibrata e con continui capovolgimenti di fronte nel punteggio. La gara la risolve un rimbalzo offensivo di Gasol a qualche decimo dalla fine della gara (sanguinoso il taglia fuori mancato di Collison). I Lakers avanzano e regalano qualche capello bianco (di vecchiaia, simbolo d’esperienza, e di rabbia) ai Thunder, squadra rivelazione della regular season e dei playoff.

Miglior giocatore della serie: Russel Westbrook. Ok, ok, i migliori sono quelli che vincono e vanno avanti, ma per noi di SLAM non è sempre così. La giovane PG fa saltare il banco sin da Gara 1 ed è l’unico che impensierisce fino in fondo la difesa gialloviola (nella sua gara peggiore, Gara 5 marcato da Bryant, metterà comunque a referto 17 punti). Unica pecca: non è un regista. Segna e prendere rimbalzi, ma non sa far segnare. Migliora, piccolo mio, e il futuro sarà ancora tuo.

2 commenti:

  1. Bellissimo pezzo Metis!! I Lakers che regalano capelli bianchi e i Thunder che "no, questa volta se si torna lì si fa sul serio" eh eh ;D

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