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Imprevedibile, questa l'unica parola adatta per descrivere la finale che spedirà una delle due contendenti a rappresentare l'Ovest degli Stati Uniti nel faccia a faccia per l'anello. Dallas Mavericks contro Oklahoma City Thunder, un confronto inedito e difficilmente pronosticabile; proviamo a capire com'è maturato.
Dal lato del Mississippi che guarda verso il Pacifico i Playoff 2011 hanno segnato una vera inversione di tendenza, l'avanzata del nuovo, ancora più prepotente di quella di Chicago e Miami a Est. Più grandi sono, più fanno rumore quando cadono; così recita un vecchio detto, e di sicuro i primi due turni a Ovest non sono stati silenziosi. Il crollo pressoché verticale degli Spurs, sconfitti in sei partite dai brillanti Grizzlies, ha sorpreso tutti. Solo la terza squadra nella storia dell'NBA capace di superare il primo turno partendo dalla posizione numero 8 sulla griglia, Memphis ha sconvolto la franchigia texana espugnandone il parquet in gara 1 ed ha proseguito l'opera con straordinaria convinzione. Ad onor del vero, la posizione in classifica non rendeva giustizia ad una squadra talentuosa, ancora più solida se possibile dopo l'infortunio di Rudy Gay che ha lasciato abbondante spazio a Battier, Young e Tony Allen, difensori efficaci e uomini squadra. Ma gli Spurs sono sembrati affossarsi, improvvisamente, sotto il peso degli anni, col solo Ginobili (peraltro infortunato a un gomito) a mantenere alto lo spirito combattivo. Parker pervenuto soltanto a tratti, panchina insufficiente, Duncan e McDyess oscurati sotto canestro dalla combinazione Gasol-Randolph, mai così esaltante. Quella nuova giovinezza che aveva sospinto San Antonio in una stagione da leader si è spenta; se sia la vera fine di un'era, avremo un'intera estate per discuterne.
Una caduta diversa, ma ugualmente rumorosa, è stata quella dei Los Angeles Lakers. Sopravvissuti con sufficienza ai New Orleans Hornets, o meglio al solo Chris Paul vista la pochezza di ciò che gli è rimasto intorno, si sollevavano già i primi dubbi all'alba delle semifinali con Dallas, provenienti da una serie fisica e molto dura con Portland, squadra più volte dominata dai gialloviola negli scontri passati e che pareva non avere una risposta per Bryant; né lui né i suoi compagni, tuttavia, hanno fatto molte domande. Il risultato è secco e non lascia spazio ad argomentazioni, 4-0, con la gara conclusiva in Texas trasformata in un tiro al bersaglio. Non che i Lakers non abbiano opposto un'onesta resistenza, specialmente in gara 1 e in gara 3, ma i Mavericks hanno dominato tatticamente e mentalmente, risolvendo sempre la partita nei minuti finali e prevalendo negli scontri individuali. Solo Bynum, talvolta esagerando, ha provato a portare alla causa la giusta aggressività; Bryant e gli altri veterani non sono stati incisivi e Nowitzki, in uno stato di forma strepitoso, ha sovrastato Gasol. Anche qui, è già servito in tavola un tema caldo per i prossimi mesi; che succederà ai Lakers dopo l'abbandono di Phil Jackson?
A chiudere in bellezza il turno è arrivata la prima gara 7 di questi Playoff, disputata tra Thunder e Grizzlies al termine di una serie altalenante e combattuta, che ha visto una partita concludersi persino al terzo tempo supplementare. Oklahoma City, in preda ad errori di gioventù, soffre di una crisi d'identità ogni volta che Westbrook s'incaponisce nel tentare il tiro congelando l'attacco, e quando la difesa perde d'intensità e lascia banchettare i lunghi avversari. Zach Randolph ha attraversato momenti di pura grazia cestistica ben supportato da Gasol, ma negli incontri giocati in Oklahoma Ibaka, Perkins e Collison gli hanno reso la vita difficile, permettendo ai Thunder di spuntarla e correre verso la finale. Affronteranno una squadra dalla classe cristallina, organizzata come poche altre e in possesso di una panchina lunga e produttiva, una specie di condanna per una franchigia tirata su dal nulla e che fino a un paio d'anni fa raschiava il fondo del barile, ma non è detta l'ultima parola; hanno gambe e fiato per competere al massimo per un'intera serie, e se l'attacco è fluido e affidato al talento di Durant non c'è obiettivo a cui i Thunder non possano ambire.
NBA Playoff: la strada verso la finale a Ovest
Imprevedibile, questa l'unica parola adatta per descrivere la finale che spedirà una delle due contendenti a rappresentare l'Ovest degli Stati Uniti nel faccia a faccia per l'anello. Dallas Mavericks contro Oklahoma City Thunder, un confronto inedito e difficilmente pronosticabile; proviamo a capire com'è maturato.
Dal lato del Mississippi che guarda verso il Pacifico i Playoff 2011 hanno segnato una vera inversione di tendenza, l'avanzata del nuovo, ancora più prepotente di quella di Chicago e Miami a Est. Più grandi sono, più fanno rumore quando cadono; così recita un vecchio detto, e di sicuro i primi due turni a Ovest non sono stati silenziosi. Il crollo pressoché verticale degli Spurs, sconfitti in sei partite dai brillanti Grizzlies, ha sorpreso tutti. Solo la terza squadra nella storia dell'NBA capace di superare il primo turno partendo dalla posizione numero 8 sulla griglia, Memphis ha sconvolto la franchigia texana espugnandone il parquet in gara 1 ed ha proseguito l'opera con straordinaria convinzione. Ad onor del vero, la posizione in classifica non rendeva giustizia ad una squadra talentuosa, ancora più solida se possibile dopo l'infortunio di Rudy Gay che ha lasciato abbondante spazio a Battier, Young e Tony Allen, difensori efficaci e uomini squadra. Ma gli Spurs sono sembrati affossarsi, improvvisamente, sotto il peso degli anni, col solo Ginobili (peraltro infortunato a un gomito) a mantenere alto lo spirito combattivo. Parker pervenuto soltanto a tratti, panchina insufficiente, Duncan e McDyess oscurati sotto canestro dalla combinazione Gasol-Randolph, mai così esaltante. Quella nuova giovinezza che aveva sospinto San Antonio in una stagione da leader si è spenta; se sia la vera fine di un'era, avremo un'intera estate per discuterne.
Una caduta diversa, ma ugualmente rumorosa, è stata quella dei Los Angeles Lakers. Sopravvissuti con sufficienza ai New Orleans Hornets, o meglio al solo Chris Paul vista la pochezza di ciò che gli è rimasto intorno, si sollevavano già i primi dubbi all'alba delle semifinali con Dallas, provenienti da una serie fisica e molto dura con Portland, squadra più volte dominata dai gialloviola negli scontri passati e che pareva non avere una risposta per Bryant; né lui né i suoi compagni, tuttavia, hanno fatto molte domande. Il risultato è secco e non lascia spazio ad argomentazioni, 4-0, con la gara conclusiva in Texas trasformata in un tiro al bersaglio. Non che i Lakers non abbiano opposto un'onesta resistenza, specialmente in gara 1 e in gara 3, ma i Mavericks hanno dominato tatticamente e mentalmente, risolvendo sempre la partita nei minuti finali e prevalendo negli scontri individuali. Solo Bynum, talvolta esagerando, ha provato a portare alla causa la giusta aggressività; Bryant e gli altri veterani non sono stati incisivi e Nowitzki, in uno stato di forma strepitoso, ha sovrastato Gasol. Anche qui, è già servito in tavola un tema caldo per i prossimi mesi; che succederà ai Lakers dopo l'abbandono di Phil Jackson?
A chiudere in bellezza il turno è arrivata la prima gara 7 di questi Playoff, disputata tra Thunder e Grizzlies al termine di una serie altalenante e combattuta, che ha visto una partita concludersi persino al terzo tempo supplementare. Oklahoma City, in preda ad errori di gioventù, soffre di una crisi d'identità ogni volta che Westbrook s'incaponisce nel tentare il tiro congelando l'attacco, e quando la difesa perde d'intensità e lascia banchettare i lunghi avversari. Zach Randolph ha attraversato momenti di pura grazia cestistica ben supportato da Gasol, ma negli incontri giocati in Oklahoma Ibaka, Perkins e Collison gli hanno reso la vita difficile, permettendo ai Thunder di spuntarla e correre verso la finale. Affronteranno una squadra dalla classe cristallina, organizzata come poche altre e in possesso di una panchina lunga e produttiva, una specie di condanna per una franchigia tirata su dal nulla e che fino a un paio d'anni fa raschiava il fondo del barile, ma non è detta l'ultima parola; hanno gambe e fiato per competere al massimo per un'intera serie, e se l'attacco è fluido e affidato al talento di Durant non c'è obiettivo a cui i Thunder non possano ambire.
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