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Los Angeles Lakers - Utah Jazz 4 - 0


Senza dubbio, poche sorprese. Nel secondo round di questi playoff NBA 2010, nulla di nuovo sul fronte Lakers. La truppa di Bryant porta a termine il compitino Utah Jazz con un secco 4 a 0 che regala una certezza ai propri tifosi: anche quest’anno, nonostante tutto, si fa sul serio. Il risultato è bugiardo solo per il finale di Gara 3, mai effettivamente chiusa da Los Angeles, ma per il resto riflette il dubbio più grande che accompagnava l’inizio della serie; ok, bel lavoro Jerry (Sloan, il coach dei Jazz) contro i Denver Nuggets e contro Carmelo Anthony, ma ... Kobe Bryant, esattamente, chi lo argina?
Nessuno. Il duo CJ Miles e Wesley Matthews, che tanto aveva ben lavorato su Anthony, sbanda e naufraga sotto la velocità, la forza e il talento di Kobe. Kirilenko entra nei giochi troppo tardi (apparizioni per lui in Gara 3 e 4) e il fisico non risponde come vorrebbe e come dovrebbe quando hai di fronte il miglior giocatore del pianeta (Tranquillo dixit). Troppo gialloviola in queste conference semi-finals: Gasol fa a fettine Boozer (lo spagnolo ha sempre banchettato, da 3 anni a questa parte, sulla testa lucida del buon Carlos), Bynum – almeno allo Staples Center – percuote ripetutamente il canestro con tiri ad altissima percentuale di realizzazione (per chi non avesse capito: schiaccioni!), Artest soffre un po’ Kover, ma nell’unica gara in cui l’ala dei Jazz riesce ad esprimersi (Gara 3, 20 punti con 5 su 5 da 3 punti), torna ad essere il vecchio volpone offensivo che faceva impazzire i tifosi dei Sacramento Kings) e risponde con altrettanti punti (20); Derek Fisher, il vecchio Derek, argina Williams con tanto mestiere e non qualche affanno, ma sfodera le sue triple ammazza - avversari giusto in tempo per spegnere gli entusiasmi dell'Energy Solutions Arena (l'arena di casa dei Jazz). E che dire di Kobe Bryant? Dichiara: “dopo aver giocato l’intera serie contro Oklahoma City Thunder su una gamba sola (per un problema al ginocchio, nda), adesso mi sento fresco e pronto”; ed effettivamente il primo passo non è ancora quello dello scorso anno, ma comincia ad assomigliargli: 32 punti di media a partita, 6 assist e tanta voglia di (s)battersi. Dall’altro lato, Deron Williams sembra subire la penuria offensiva della sua squadra (e anche la stanchezza per gli straordinari fatti contro i Nuggets) e continua a sbattere contro il muro difensivo dei Lakers senza riuscire ad essere mai troppo decisivo. Boozer, oltre a subire in fase difensiva, fatica ad interpretare il ruolo di ala grande contro Gasol anche sul lato opposto del campo e, men che mai, il ruolo di centro. Paul Millsap, colui che aveva ben figurato nella serie precedente, è l’unico che continua a macinare punti e gioco, ma paga la sua leggerezza tanto comoda in attacco concedendo kili e centimetri a Odom. A fine serie, Williams – star degli Utah Jazz – apparirà molto dispiaciuto e contrariato, ma traccerà chiaramente la necessità di almeno due innesti importanti per il futuro. Ci saranno da discutere le condizioni contrattuali di Carlos Boozer (free agent da questa stagione), gli eventuali rinnovi di Millsap e Korver e la situazione di Matthews. I Lakers, invece, proseguiranno il loro cammino affrontando, nelle Western Conference Finals, i Phoenix Suns (che, sorprendentemente, hanno dato il benservito agli Spurs di Ginobili, Duncan e Parker). Palla a due il 17 Maggio.

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